L'abitazione nel XVI-XVII secolo
[Cenni sullo sviluppo storico dell'abitazione abbasantese]
La maggior parte delle case era costruita secondo molto elementari schemi architettonici, con tecniche e materiali generalmente in uso sin dal precedente periodo medievale. La vita della gente comune era, in effetti, sempre la stessa: uguale la povertà, identiche le aspirazioni di persone prostrate dalla fatica e da ripetute pestilenze, analoghe le sofferenze di famiglie, non di rado sottoposte alle angherie del prepotente di turno o in balia di annate incerte, spesso siccitose e con raccolti devastati da ricorrenti invasioni di cavallette.
Questa
dimora, pertanto, secondo le possibilità economiche del proprietario, si
ampliò: al primitivo unico ambiente vennero uniti, affiancandoli in serie,
spesso seguendo la linea della facciata, altri vani identici nella struttura e
comunicanti tra loro. In ogni stanza venne prevista una finestra che, portando
luce dall'esterno, favorì nuove attività da svolgere nell'intimità delle pareti
domestiche, mantenendo tuttavia un adeguato grado di riservatezza durante
l'eventuale presenza di ospiti illustri.
In tali edifici, all'interno ed all'esterno, gli architravi, gli stipiti, le soglie delle porte e i davanzali delle finestre furono realizzati, adoperando la trachite del Barigadu, con una lavorazione in alcuni casi liscia o spesso, in modo più accurato, artisticamente e finemente condotta con lo scalpello e arricchita di elementi decorativi, scritte e date.[1]
Alcuni ingressi furono inseriti in una centinatura a tutto sesto che riproponeva la tradizione catalana dell'arco cosiddetto a dovelles e, a volte, vennero riparati da loggiati che, con colonne trachitiche di sostegno,[2] impreziosirono nella parte anteriore il prospetto dell'intero edificio.
Le abitazioni delle rimanenti classi sociali, pur essendo ancora in
prevalenza costituite da un unico ambiente, risentirono in qualche modo
dell'influsso artistico portato dalle nuove tendenze. Pertanto, ci fu qualcuno
che aumentò lo spazio a disposizione del proprio nucleo familiare aggiungendo
un nuovo vano a quello precedente e si concesse una maggiore vivibilità interna
dotando l'edificio di piccole ed essenziali finestre incorniciate da piedritti,
architravi e davanzali in blocchi di basalto semplicemente squadrati e
rifiniti.
In molti casi, il paramento
esterno mostrò, come nei secoli precedenti ed anche nelle case più importanti,
murature verosimilmente a vista e, quindi, senza alcuna tipologia di intonaco:
i vuoti venivano, allora, colmati con le scaglie derivate dalla sbozzatura dei
conci inseriti in opera e con il fango utilizzato come impasto di riempimento
durante le fasi della costruzione. La stuccatura in malta di calce tra pietra e
pietra e tra ciottolo e ciottolo, e i rivestimenti di intere facciate che oggi
vediamo negli edifici di quel lontano periodo, sono infatti quasi sempre parte
di lavori di recupero, rafforzamento e valorizzazione estetica posti in essere
in questi ultimi anni.
All'interno
di ogni dimora, infine, continuò ad essere presente il focolare centrale, il
telaio, il forno, la madia e, in un angolo, la mola asinaria.
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Archivio fotografico
Abbasanta - Via Santa Caterina |
Abbasanta - Via Cavour |
Abbasanta - Centro storico [finestra demolita] |
Abbasanta - Via Cavour |
Abbasanta - Centro storico [ingresso demolito] |
Abbasanta - Via Santa Caterina |
Abbasanta - Via Santa Caterina |
Abbasanta - Via Santa Caterina |
Abbasanta - Via Santa Caterina |
Telaio verticale ancora in uso in Barbagia |
Abbasanta,
19 gennaio 2017
[Revisione del 18 gennaio 2022]
Vincenzo
Mattana
Per
contatti
abbasantesu@gmail.com
Note
[1] Comparve
spesso, negli architravi esterni delle case, il trigramma IHS che, secondo l'interpretazione della maggioranza degli
studiosi, corrisponde alla trascrizione delle prime tre lettere del nome di
Gesù in lingua greca. Per alcuni, invece, si tratta di un acronimo da
sciogliere con la frase Jesus Hominum
Salvator, cioè ‘Gesù salvatore degli uomini’, oppure da individuare nel
motto In hoc salus, ‘In ciò la
salvezza’.
Correvano, infatti, tempi assai difficili: si sentiva in tutti gli strati
sociali il desiderio di porre le famiglie sotto la protezione divina e si
diffondeva, per lo stesso motivo, la pratica religiosa della venerazione del
Nome di Gesù, rinnovata e sostenuta dall'Ordine dei Gesuiti di recente
istituito.
[2] Una fotografia di Thomas Ashby, Direttore della British School at Rome, documenta la
situazione, nei primi anni del Novecento, degli antichi edifici prospicienti
l'attuale Via Santa Caterina. Nell'immagine sono presenti i loggiati e, tra
essi, in lontananza si individua quello relativo all'abitazione, appartenuta
ultimamente alla famiglia Campra, ora acquisita dall'Amministrazione Comunale e
destinata ad attività sociali e culturali.
Il portico antistante non appare sorretto, come nel resto della via, da
colonnine in trachite, ma da quattro puntelli in legno. Due di tali sostegni,
per l'evidente “fuori piombo”, denunciano uno stato di incuria tanto palese da
far ritenere compromessa la stabilità della costruzione e quindi la funzione di
sostegno del manto in laterizio di copertura.
Senza dubbio, il degrado della struttura ipotizzato dovette proseguire nel
periodo successivo allo scatto tanto che, intorno alla metà del Novecento, era
visibile, per crollo o demolizione della parte superiore, solamente il muretto
di base lasciato in opera a delimitare, quasi trasformandola in un piccolo
cortile, l'area frontale dell'edificio in questione prima occupata dal
loggiato.
Situazione prima del rifacimento |
Situazione dopo il rifacimento |
Il
lavoro di restauro e rifacimento, così come appare al giorno d'oggi, pertanto
sembra voler almeno in parte riproporre sotto l'aspetto monumentale il presunto
aspetto dell'antico portico che, si suppone, doveva
protendersi ed estendersi per un tratto anche sulla superficie occupata
anteriormente dal palazzo adiacente.
Situazione prima del rifacimento |
Situazione dopo il rifacimento |
Osservando,
infatti, l'arco del portoncino di ingresso realizzato, secondo la moda
catalana, “a dovelles”, si nota come l'originario fabbricato potrebbe essere
stato diviso e in modo parziale demolito al fine di erigere, si ritiene negli
anni dell'Ottocento, l'edificio a due piani visibile nella foto di Ashby e
successivamente diverse volte modificato e riattato secondo le esigenze dei
suoi proprietari. Con molta probabilità i lavori, causando inevitabilmente
gravi danni alla struttura restante del loggiato, potrebbero aver determinato
la decisione, magari provvisoria, di sostituire gli elementi portanti in
trachite, forse anche ridotti in pezzi, con i certamente più disponibili ed
economici puntelli in legno. È possibile che così si volesse rendere, anche se
con risultati ovviamente poco durevoli, il portico fruibile, soprattutto nel
periodo della festa patronale, quando veniva occupato, come tutti gli altri
della via, dai venditori di mercanzie e prodotti alimentari provenienti dal
territorio circostante.
La
fotografia di Thomas Ashby può essere rintracciata su Internet esplorando tra
le sezioni del sito www.bsrdigitalcollections.it.